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Alimentazione
di La redazione - 18/09/2019

Il cibo che vive

Se diciamo “microrganismi” a cosa pensate? Oggi ci occuperemo di quelli responsabili di un processo utilizzato da millenni per preparare e conservare il cibo: la fermentazione.

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Se diciamo “microrganismi” a cosa pensate? Di solito la mente corre subito a qualcosa di dannoso. Ebbene, non sempre è così: non tutti i microbi sono pericolosi per la salute, anzi. Tanti sono utili; altri sono addirittura fondamentali per produrre alimenti dei quali ci sembrerebbe impossibile fare a meno. 
Oggi ci occuperemo di alcuni di questi microrganismi, quelli responsabili di un processo utilizzato da millenni per preparare e conservare il cibo: la fermentazione.
 

La fermentazione
Durante la fermentazione (intesa come processo di preparazione di alimenti), microrganismi come lieviti e batteri trasformano gli zuccheri della materia prima in anidride carbonica, alcol e/o acidi organici, migliorando le qualità organolettiche del cibo o le sue possibilità di conservazione. Essi, infatti, inibiscono l’insorgere di altri microrganismi, in questo caso dannosi. 
Facciamo un esempio: il Saccaromyces cerevisiae è il lievito responsabile della fermentazione della birra: è lui a trasformare gli zuccheri del malto in alcol e anidride carbonica, ed è dunque grazie a lui che possiamo gustare questa bevanda apprezzata in tutto il mondo.
Non è solo la birra, però, a essere frutto della fermentazione: possiamo citare anche il vino, lo yogurt, il pane lievitato, i crauti, la salsa di soia e l’aceto, per esempio. E l’elenco in realtà sarebbe molto più lungo.
Curiosi di sperimentare la fermentazione in casa? Ecco qualche idea!
 

Il lievito madre
Ingrediente oggi di gran moda, si basa sulla proliferazione dei microrganismi naturalmente presenti nei cereali in un ambiente umido. 
La sua preparazione è molto semplice. Per iniziare sarà sufficiente mescolare 100 grammi di farina (00, integrale o di segale, come preferite) con 100 grammi d’acqua (preferibilmente priva di cloro). Ottenuta una pastella, mettetela in un contenitore di vetro o ceramica, coprite con un telo di cotone fissato con un elastico e lasciate il tutto in un luogo tiepido (25-30°C). 
Nei giorni seguenti, una volta al giorno, dovrete prelevare ed eliminare metà della pasta dal contenitore e aggiungere a ciò che resta 50 grammi di farina e 50 d’acqua. 
Dopo qualche giorno la pasta comincerà a “fare le bolle”: significa che la fermentazione è iniziata, e cioè che i microrganismi hanno iniziato a produrre alcol, acidi organici e anidride carbonica dagli zuccheri della farina. 
Ecco che il vostro lievito madre casalingo è pronto e potete utilizzarlo nelle ricette a base di lievito madre. Si conserva in frigorifero anche molto a lungo, a patto di “rinfrescarlo” con acqua e farina una volta a settimana. Tenete presente che il gusto e le “performance” del lievito madre migliorano con il tempo, grazie allo stabilizzarsi della comunità di microrganismi.
 

Lo yogurt
Fare lo yogurt in casa è davvero semplicissimo: vi basterà procurarvi del latte, un vasetto di yogurt, un termometro per alimenti e un thermos. Scaldate il latte (intero o parzialmente scremato, ma sempre pastorizzato) fino alla temperatura di circa 37°C, mescolatelo allo yogurt e versatelo nel thermos. Dopo qualche ora il latte si sarà addensato e trasformato in favoloso yogurt naturale. 
I tempi di attesa possono variare, quindi controllate il risultato a partire dalla quinta ora, soprattutto le prime volte: in questo modo riuscirete a ottenere la consistenza che preferite.
Se non avete un thermos, in alternativa potete porre il composto nel forno spento con la luce accesa (dopo esservi assicurati che in queste condizioni si mantenga una temperatura di circa 37°C) oppure dotarvi di una yogurtiera elettrica.
 

L’aceto
Che fare di quella bottiglia di vino aperta che campeggia in frigo da tempo ormai immemorabile? A patto che non sappia di tappo, potete produrre l’aceto in casa! 
Per iniziare dovrete procurarvi del vino (bianco, rosso o rosé: non importa), la madre dell’aceto (la trovate nei negozi di enologia o presso un conoscente che già produce aceto) e un contenitore di vetro o di ceramica smaltata dotato di rubinetto sul fondo. Versate il vino e la madre nel contenitore, senza riempirlo fino all’orlo: dovrete lasciare un’ampia superficie di contatto del liquido con l’aria, anche in previsione di future aggiunte di vino. Proteggete dalla polvere l’imboccatura della damigiana con una garza (non chiudetela con il tappo!) e ponete il tutto in un luogo tranquillo: dopo circa un mese, in superficie si formerà una pellicola. Quella è la madre, cioè una comunità di microrganismi responsabili della trasformazione dell’alcol in acido acetico. È importante non disturbarla, ecco perché è il contenitore dovrà avere il rubinetto sul fondo, dal quale potrete prelevare l’aceto. Quando la madre diventerà troppo voluminosa, potrete a vostra volta suddividerla e regalarne una parte a un amico desideroso di sperimentare le gioie della produzione di aceto casalinga.

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