La spesa di frutta e verdura può diventare un'occasione in cui proteggere l'ambiente? Certo che si, a patto di fare scelte alimentari e di consumo responsabili. Per riuscirci, dobbiamo prima di tutto scegliere prodotti di stagione e sapere da dove vengono quelli che mettiamo nel carrello.
Acquistare ortaggi di stagione e a chilometro zero, infatti, non è solo un modo per risparmiare e salvaguardare i produttori locali, ma anche una scelta ecologica. I cibi che vengono da lontano, infatti, costano molto in termini di emissioni di CO2, causate dai viaggi che devono affrontare per raggiungere le nostre tavole.
Non va meglio con i prodotti fuori stagione provenienti dal nostro territorio, probabilmente cresciuti in serre riscaldate che consumano notevoli quantità di energia e, magari, con coltivazioni forzate, pratica che può richiedere supporti chimici come antiparassitari, conservanti e anticrittogamici.
Ma quali sono i frutti e le verdure da evitare fuori stagione? Il podio dei cibi più “inquinanti” è composto da tre insospettabili: ciliegie, mirtilli e asparagi. “Insospettabili” perché non si tratta di cibi esotici, ma di ortaggi del tutto simili a quelli reperibili nelle nostre zone, solo in un'altra stagione. Le ciliegie di cui stiamo parlando provengono dal Cile, i mirtilli dall'Argentina, gli asparagi dal Perù. Arrivano in Italia dopo trasporti costosissimi per l'ambiente. Prendiamo le ciliegie: per approdare sulle nostre coste devono percorrere circa 12.000 chilometri, consumando quasi 7 chili di petrolio per ogni chilo di prodotto, con un'emissione di 21.6 chili di anidride carbonica. Per affrontare un viaggio appena più breve (11.000 chilometri), un chilo di mirtilli consuma di 6.4 chili di petrolio, liberando 20.1 chili di CO2. I valori degli asparagi sono analoghi (10.000 chilometri, 6.3 chili di petroli, 19.5 chili di CO2 per ogni chilo di prodotto). Appena sotto, nella poco lusinghiera classifica stilata da Coldiretti, figurano le noci della California, le more messicane, l'anguria brasiliana, i meloni di Guadalupe, i melograni da Israele e i fagiolini egiziani: tutte bontà eccellenti, se consumate nei luoghi originari, che però si trasformano in “capricci” dall'eccessivo costo ambientale (per non parlare dei prezzi), una volta arrivati sulle nostre tavole.
Vale la pena pensarci, quando mettiamo frutta e verdura fuori stagione nel carrello. Sicuri di volervi togliere proprio lo sfizio di servire ciliegie a Natale, sapendo quanta CO2 è stata rilasciata per farle arrivare fino a noi? Non è forse meglio aspettare la primavera e, nel frattempo, collaborare a limitare l'inquinamento?