Apriamo l’armadio e liberiamolo da ciò che non mettiamo più scegliendo i contenitori di raccolta
Settembre è il mese giusto per pensare all’armadio. Che sia troppo piccolo o troppo pieno… una cosa è certa: quando l’estate inizia a essere agli sgoccioli si comincia a fare qualche pensiero sui look delle tendenze autunno-inverno e ci si fa prendere dalla voglia di fare nuovi acquisti.
Così ci si ritrova a fare i conti con lo spazio a disposizione e con il riordino di quegli indumenti che lasceranno campo libero a capi un po’ meno leggeri e magari nuovi.
Quando, però, si decide di mettere mano agli armadi, al di là degli accorgimenti salvaspazio e dell’ottimizzazione di ripiani e cassetti, qualcosa va valutato in maniera definitiva. Capita allora di ritrovarci a organizzare swap-party con le amiche (sperando che qualche capo possa uscire da casa nostra per poi tornare davanti ai nostri occhi indossato di tanto in tanto da una persona a cui vogliamo bene) oppure di seguire le strategie giapponesi del riordino di Marie Kondo… si ringrazia il vestito per ciò che ci ha dato e lo si getta.
MA DOVE GETTARE GLI ABITI USATI?
In molte città italiane esistono appositi contenitori dove poter lasciare gli abiti dismessi. Generalmente posizionati accanto ai cassonetti dell’immondizia, in questi contenitori si possono depositare vestiti e indumenti usati, scarpe, borse e cappelli, coperte e biancheria in genere confezionati in sacchetti chiusi. Non sono ammessi, invece, stracci unti, tessuti usurati e rifiuti.
UNA BUONA SOLUZIONE
I vestiti gettati via che fine fanno? A gestirne il servizio di raccolta sono le diverse cooperative sociali presenti sul territorio nazionale, come ad esempio HUMANA People to People Italia, che è attiva in 48 province italiane con più di 5.000 contenitori e che collabora con le Pubbliche Amministrazioni, Consorzi e Aziende Multiservizi avvalendosi di regolari autorizzazioni per lo stoccaggio, il trasporto e la lavorazione degli abiti. Un’altra cooperativa molto attiva è Auxilium, una fondazione ecclesiale patrocinata dalla Caritas Diocesana che si occupa di distribuire alle famiglie e alle persone in difficoltà gli indumenti in buono stato. Gli abiti donati, però, sono tantissimi, più della domanda. Quello che avanza viene pertanto venduto ad aziende specializzate nel settore dell’abito usato. Ecco allora che dopo la raccolta c’è il trasporto verso impianti di stoccaggio, dove avviene la cernita e l’igienizzazione, attività che permettono di trasformare l’indumento usato da rifiuto a rinnovato bene di consumo, e quindi di venderlo sul mercato nazionale o estero. In questo modo è possibile così finanziare i progetti solidali e le attività delle organizzazioni che gestiscono la raccolta.