Sull’origine della pita, un pane piatto lievitato a base di farina di grano, molto diffuso nel Mediterraneo, sono in corso diverse discussioni: l’etimologia più accreditata risale al greco antico, in quanto pīta significa “denso, spesso”, e si riferisce all’impasto pronto per essere infornato; la parola però trova riscontro anche nell’antico ebraico con il termine pat, che significa “pagnotta, pezzetto”. Tuttavia, il suo consumo si estende anche a Balcani, Bulgaria e Medio Oriente - da cui la definizione di “pane arabo”. La caratteristica principale della pita è quella di poter essere imbottita: la sua levitazione separa i due lembi di impasto che, sgonfiandosi, creano una tasca perfetta per accogliere diversi tipi di farcitura. Proprio questa sua peculiarità l’ha resa popolare, anche se il suo consumo assume diversi significati a seconda del paese che l’ha accolta impiegandola nella propria cucina.
Ad esempio, è curioso il significato che questo tipo di pane assume in Bulgaria, dove viene riservato agli eventi di rilievo e preparato con un preciso rituale: ogni pita viene decorata con immagini che rievocano prosperità e fertilità, e dentro a ogni tasca viene inserito un nichel, che simboleggia abbondanza; inoltre, non manca mai la pita sale sulla tavola degli ospiti: questo gesto può essere collegato al detto “accogliere qualcuno con pane e sale”, che esprime la volontà di chi prepara la tavola a voler ricevere ospiti e condividere il cibo con loro.
La ricetta con la pita che prepareremo insieme si ispira alla tradizione greca, in quanto impiega ingredienti mediterranei e largamente usati in questo paese, come yogurt e dragoncello. Quest’ultimo, grazie al suo sapore pungente e aromatico, conferisce freschezza al piatto, mentre l’uva ne mitiga il sapore creando un contrasto piacevole al palato.
Sulle nostre tavole, il dragoncello sembra essere giunto grazie a una storia d’amore: si narra che una ragazza toscana, in epoca napoleonica, si innamorò perdutamente di un dragone – un soldato a cavallo. Un giorno il soldato, scuotendo i propri stivali sul davanzale della sua finestra, fece cadere alcuni semi in un vaso che la giovane teneva sul balcone. Quando i semi si trasformarono in una profumata piantina, la ragazza la battezzò “dragoncello”, per ricordare il suo amore.
Non sappiamo dire se la leggenda sia vera o romanzata; di certo, questa ricetta non potrà che farvi innamorare.