Oggi con lo chef Stefano De Gregorio ci lanciamo nella preparazione di un piatto da veri gourmet, con un pesce un po' insolito, almeno sulla mia tavola: la triglia. Da bambina conoscevo la triglia soltanto perchè mia nonna amava moltissimo il detto: "hai gli occhi da triglia". E io che una triglia non l'avevo mai vista nemmeno per sbaglio, mi sono sempre chiesta il perchè di questo paragone così preciso. In realtà questo detto ha un significato molto poetico, significa guardare con occhi languidi, gli occhi degli innamorati. Quando si compra il pesce, la brillantezza dell'occhio è un segnale fondamentale per determinare la freschezza della materia prima. A questo si paragona l'occhio sognante e un po' imbambolato tipico degli innamorati.
Detti popolari a parte, le triglie sono pesci di mare, già conosciute nell'antichità per il loro gusto eccellente. I popoli del Mediterraneo ne apprezzavano anche il fegato che veniva preparato con la salvia. In Italia ne mangiamo due varietà: la triglia di scoglio e la triglia di fango. Quella di scoglio, tra le due, è la più saporita. Si differenziano per minime caratteristiche fisiche: la triglia di scoglio, che ha un costo più elevato, ha bande colorate di giallo sia sui fianchi che sulla pinna dorsale, mentre quella di fango non ha alcun colore sulla dorsale. Le triglie di scoglio hanno inoltre una tipica bocca protrattile a differenza di quella di fango che ha la bocca tagliata orizzontalmente.
La triglia è caratterizzata dal suo colore vivace, bruna o rossastra, che viene accentuata in seguito alla cottura. La colorazione varia da specie a specie. È un pesce dalle dimensioni piuttosto contenute. Perchè siano fresche devono essere di un colore brillante, con squame aderenti, occhi vivi e brillanti, carne soda e un odore gradevole e delicato di mare.
Per pulire la triglia basta passare il coltello dalla coda verso la testa per eliminare le squame, e praticare un incisione dorsale, sotto le branchie per eliminare le interiora. Maneggiatele sempre accuratamente per evitare di romperle, e sciacquatele sotto l'acqua fredda. Tagliate le pinne ai lati della testa, poi quelle sotto la testa, infine tagliate le pinne dorsali e ventrali. Per sfilettare la triglia, mettetela su un tagliere e tagliatele la testa, come direbbe la Regina di Cuori di Alice nel Paese delle Meraviglie. Allargate l'incisione che avete fatto sul ventre con una forbice, arrivando fino alla coda. Aprite i due filetti in modo molto delicato, tenendo la lisca attaccata a una delle due parti. Tirate la lisca verso l'altro per eliminarla. Per questa ricetta non dovrete eliminare la coda.
Ma come si cucinano le triglie? Ovviamente lo chef Stefano De Gregorio qui ha creato per voi un piatto incredibile con una cottura molto delicata. Voi potete anche cucinarle alla brace, al cartoccio, in umido, in padella o in forno. Ma anche impanate e fritte. Ogni regione ha praticamente una sua ricetta tipica che preveda l'utilizzo di questo ingrediente, ma ogni regione ha anche il suo modo di chiamarle: in Calabria, per esempio, viene detta Trigghia i morsu, in Friuli invece il suo nome è Barbon de Nassa, mentre nelle Marche ne ha addirittura due: Barbone di scoglio o Rosciolo.
Oltre alle triglie c'è di più. Cosa si sarà inventato lo chef Deg per stupirci questa volta? Delle deliziose cialde di riso nero fritte che potete anche preparare in anticipo. Ma come si fanno? Basta cuocere il riso in acqua in modo che risulti stracotto, frullatelo con metà acqua di cottura e poi con una spatola stendetelo sulla placca da forno e fatelo essiccare.